Eutanasia, etica e paura

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
Lunedì 7 Febbraio 2005 p. 19

Un dibattito difficile, sicuramente scomodo ma che occorre alimentare. Perché le testimonianze in materia di eutanasia non riguardano solo realtà lontane: a tutte le latitudini ci sono reparti di emergenza, e lì è frequente imbattersi in pazienti attaccati a un respiratore; tenuti in vita solo artificialmente. A dirlo nel corso di un incontro organizzato dal centro culturale «Camillo Grassi» e moderato dal giornalista Roberto Parisi è stato Graziano Riccioni, medico del pronto soccorso di. Foggia e autore del libro «Il dibattito sull’eutanasia. Prospettive bibliche». Il discorso, in realtà, ha toccato diversi aspetti, da quello penale a quello psicologico, da quello biblico a quello medico. Grazie ai contribuii rispettivamente di Pietro Gatto, Ada Zobel e don Michele Falcone . «La verità è che nel nostro territorio non si parla di questa delicata tematica sicuramente perché fa paura. Dal resto il biada di comportarsi di familiari e medici in casi di morte cerebrale è qualcosa che non si può spiegare, si può solo vivere secondo le proprie leggi di etica», ha detto Riccioni. Che ha fatto presente al pubblico i casi limite. «Quante volte in pronto soccorso ci imbattiamo in pazienti in morte cerebrale, cioè morti a tutti gli effetti ma con il cuore che batte ancora. In linea di massima i familiari intendono mantenerlo in vita – è il caso del cosiddetto accanimento terapeutico – perché è difficile ammettere la sconfitta, ora che dalla Medicina ci si aspetta tutto, anche i miracoli». Riccioni prova anche a fornire delle possibili strade alternative: «il nostra territorio», ha detto, «è privo di strutture cha possano accogliere malati in queste condizioni, almeno nel modo in cui, ad esempio, accade in Inghilterra con gli hospice, Certo è ancora presto per ipotizzare strutture del genere qui da noi ma è importante che quantomeno si apra un dibattito». Dibattito che non è mancato: medici e semplici cittadini hanno fatta numerosi interventi. «Gli hospice non fanno che ghettizzare gente già sofferente» e ancora: «é impossibile concepire l’eutanasia, anche se non si può trascurare quello che sono costretti, a vivere i famigliari quando vedono che i loro congiunti non migliorano e sono soggetti a forti crisi depressive». Il dibattito, insomma, resta aperto. Saprattutto perché di coscienza si tratta. Ed è una legge diversa da quelle scritte.
(R.P)

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