Marcella Fanelli (sulla destra per chi guarda) insieme a Jean Elliott al I Convegno Nazionale GBU (2005, Montesilvano)
In memoriam
Ci troviamo qui oggi, sorelle e fratelli, parenti e amici per ricordare la nostra cara sorella Marcella Fanelli. Un obituario che si rispetti deve ripercorrere le tappe significative del caro che ci ha lasciati. Nel caso di Marcella questa sarebbe un’impresa quasi inutile, vista la mole di materiale biografico che ella ci ha lasciato nel suo Passeggiata lungo il XX secolo, il suo volume testamento di cui diremo fra un attimo e da cui attingeremo gli elementi per tratteggiare la statura morale e spirituale di Marcella.
Ci sarebbero da raccontare, al di la di Passeggiata, gli ultimi anni della sua vita; ma stranamente è lei stessa a prefigurarceli, proprio alla fine del suo libro: «Che dire della mia vita, se non paragonarla ora ad una navigazione tranquilla, rallegrata dall’affetto di Jean, delle mie nipoti, dei miei nipoti e pronipoti, dei tanti amici?» (p. 629).
Dovremmo forse aggiungere altri nomi e altre posture come sicuramente la premura di vari membri della famiglia Grosso (Elaine ed Emilio su tutti), e il fidato Aldo Visco Gilardi.
Tuttavia nel dire qualcosa di Marcella non possiamo sfuggire al suo invito ad avviarci con lei nella stupefacente Passeggiata. Il titolo di questo libro è a mio avviso una sintesi e una figura della vita di Marcella. La passeggiata è un evento che richiama le atmosfere della lievità, della luce, dell’armonia sensoriale. Marcella è stata una donna che ha espresso queste tratti esistenziali, riuscendo anche a trasmetterli a tutti coloro che le si avvicinavano e potevano apprezzare il suo gusto per il bello, per le arti, per i suoni e per gli equilibri cromatici.
Tuttavia chi si avventura in una passeggiata nelle condizioni che abbiamo appena descritto è anche nella migliore condizione per gettare uno sguardo attento su tutto ciò che lo circonda; chi è nella bucolica serenità del tempo che scorre quasi infinito (104 anni) ha lo sguardo esercitato a cogliere i risvolti e i particolare della vita; del bello, ma anche i risvolti dell’incompiuto, del frastagliato, del transeunte. Marcella è stata una donna che ha saputo cogliere, in ragione di una sensibilità raffinatissima, le difficili condizioni dell’esistenza umana; essa stessa non è stata risparmiata da ogni sorta di sofferenza di quello che un giovane studente da lei seguito negli anni ’50 a Parigi con il GBU, Henri Blocher, definirà più tardi il mistero opaco del male: dalle perdite dolorose, alle separazioni, alle delusioni delle relazioni d’amore, al dolore lancinante dei conflitti.
Ormai giovane a Firenze Marcella confidò nel suo diario (Passeggiata):
«cosa offre realmente la vita, momenti di gioia da tesaurizzare, altri di difficoltà e sconforto da combattere e vincere, forse con cui convivere, e se fosse stato possibile, da dimenticare» (p. 276).
Una passeggiata di tal sorta, che è dunque una vita e un’esistenza, non può non avere un fulcro equilibratore, un punto archimedico che diviene anche, se la passeggiata si fa lunga e deve affrontare svolte importanti, mèta e fine, telos, ma anche movente ultimo.
Questo nucleo Marcella lo identifica perfettamente nel vangelo. La sua esperienza di fede personale degli anni 1927/28, a Cuneo, è raccontata in questi termini: «presi coscienza del “peccato”… Si trattava di un dominio nei cui confronti bisognava decidersi: o farsene soggiogare o ribellarvisi – e liberarsene. Ma solo Cristo avrebbe potuto liberarcene. Prendevano senso le frasi “salvati per mezzo del sangue di Cristo”, “Cristo morto per i nostri peccati”, “morti e risorti con Cristo”. Mi inginocchiai e gli chiesi di aiutarmi» (pp. 225–226).
L’ingresso di Marcella nella fede non fu un ingresso in un’esperienza soggettiva e intimistica. Membro di una famiglia che aveva in sé una grande eredità spirituale in quanto coniugava la frequentazione del mondo valdo–metodista e quello delle Assemblee dei Fratelli, Marcella attraversa con la sua lievità piena di ponderata considerazione il mondo evangelico italiano, a partire da quella Firenze degli esperimenti infra–evangelici dei tempi immediatamente successivi alla liberazione, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Già in quegli anni, durante la guerra, e sotto le bombe ha il tempo di raccontarci i sogni suoi e di sua madre, orientati all’editoria: «fondare una casa editrice. … iniziare una piccola attività editoriale evangelica in Italia, così da fornire agli evangelici traduzioni di almeno alcuni dei tanti bei volumi di studio …» (pp. 471, 519).
Parlando del clima successivo alla liberazione Marcella descriverà eventi che cercherà poi di ritrovare e riproporre nel suo ministero successivo:
«La libertà più appassionata e goduta, quella alla quale noi giovani, che non l’avevamo conosciuta, dovemmo abituarci, fu la libertà riguardante l’esternazione del pensiero. .. Ricordo in una prima “riunione di ringraziamento” alla Vigna Vecchia, alla quale erano intervenuti gli evangelici fiorentini la loro riconoscenza al Signore per essere ora cittadini liberi; … Vi furono riunioni di membri delle diverse chiese evangeliche, nutrite da un entusiasmo che spingeva a pregare insieme, a discutere progetti e anche a ritrovarsi per conoscersi meglio, come se la guerra avesse spazzato via antiche barriere» (p. 518).
Ed è in questo contesto evangelico, a partire dalla frequenza della chiesa dei Fratelli di Via Vigna Vecchia, ma anche alle prese con le dinamiche non sempre pacifiche dell’Istituto Comandi, gestito per molti anni dalla mamma Elena (1937–1946), e aperto alle influenze di vario genere, che Marcella maturerà, dopo l’esperienza lavorativa a La Fondiaria (1943–1955), la visione di impegnarsi per il Signore. Lo farà in una missione che ella troverà estremamente congeniale alle sue aspirazioni di servizio, pur non avendo lei stessa mai conseguito una laurea: i Gruppi Biblici Universitari. Siamo agli inizi degli anni ’50. Ecco alcuni tratti della sua esperienza iniziale.
«Li iniziò [i GBU] Maria Teresa [De Giustino] che dal dottor Pache aveva avuto il suggerimento e l’incoraggiamento a portare anche in Italia quel modo, già presente in molti paesi del mondo ma nuovo per gli italiani, di diffondere la buona notizia dell’evangelo nell’ambito degli studenti universitari. … Mi soddisfaceva quel modo concreto di affrontare il testo biblico, la possibilità data ad ognuno, anche il più ignaro di problematiche bibliche, di fare domande, esprimere il proprio pensiero, non reprimere i dubbi, sentirsi protagonisti della ricerca. Col tempo conobbi ed apprezzai altre cose: l’interdenominazionalità, l’omogeneità della posizione teologica …» (p. 550).
Nel 1952, insieme a Maria Teresa, fonda la Rivista CERTEZZE.
Nel 1956 Marcella va a Parigi e da qui a Londra dove approfondisce la sua conoscenza del mondo studentesco evangelico internazionale (IFES) facendo incontri importanti che segneranno il suo ministero futuro. Uno in particolare vale la pena ricordare: l’incontro con John Stott, allora giovane predicatore nella chiesa di All Souls, che Marcella ammette di apprezzare più di Martin Loyd–Jones in quanto in possesso, il primo, di una predicazione “biblicamente sostanziosa” oltre a un inglese più comprensibile.
Nel 1957 Marcella ricevette da Stacey Wood, dinamico Segretario Generale di IFES di quegli anni, l’invito a sostituire Maria Teresa nella direzione dei GBU in Italia. Douglas Johnson, allora Segretario Generale dei GBU inglesi, la esortò «vivamente a non abbandonare il “progetto libri”» (p. 566). Marcella a questo punto nei suoi ricordi annota: «Ma l’incontro interessante per eccellenza fu quello con Jean Elliott»! (p. 566). Il piano del Signore per la sua vita è pronto.
È da questi incroci di vicende esistenziali che ha inizio infatti uno straordinario ministero che Marcella ha svolto in Italia a partire dal 1957 con i Gruppi Biblici Universitari. Un tale ministero si è concretizzato in tre precisi filoni, tutti recanti al proprio interno il marchio originario di Marcella: – quello evangelistico e più propriamente studentesco;
– quello editoriale con la nascita nel 1965 delle Edizioni GBU;
– e nel 1962 l’apertura della Sala di Lettura GBU a Roma.
Oggi, nel mentre salutiamo le sue spoglie mortali, i tre filoni del ministero GBU sono ancora tutti in essere. Per spiegare tale permanenza dobbiamo ricordare che il nome di Marcella non è solo presente tra quello degli iniziatori di questi ministeri, ma è stato per lungo tempo il faro illuminante. Ancora oggi ci sono studenti “dell’altro ieri”, soprattutto romani, che ricordano la frequentazione della sua casa o della Sala di Lettura in via Borrelli, dove insieme Jean riusciva a incoraggiare e a galvanizzare i giovani nel desiderio di diffondere il vangelo nell’Università, tra i propri colleghi e con i professori.
Ancora oggi, diverse generazioni di pastori, anziani e leader di chiese di tutti gli ambiti evangelici possono godere del frutto dell’impegno editoriale di Marcella, leggendo Commentari oppure opere di C.S. Lewis e altro ancora, tradotte in italiano con minuzia e ossessiva precisione e competenza linguistica, proprio da Marcella.
Nota personale
Ho conosciuto Marcella agli inizi degli anni ’90, quando Massimo Rubboli e Andrea Bianchi (allora staff GBU a Napoli), consapevoli dei miei interessi teologici mi indirizzarono verso le attività editoriali del GBU (Certezze e Casa Editrice); in tal modo essi realizzarono quella sinergia tra aula universitaria, ministero della letteratura cristiana e impegno intellettuale che è sempre stato un obiettivo che Marcella si è posta nel suo servizio. Marcella non sapeva (e neanche io) che questi due cari suo amici e del sottoscritto, stavano tramando affinché Marcella si affezionasse a me e passasse il testimone del suo “figlio” prediletto, le Edizioni GBU.
Allorquando ella fu cosciente di ciò, potei apprezzare la grande visione che Marcella aveva della continuità dell’opera di Dio. Mi ha preso per mano e mi ha introdotto al mondo dell’eccellenza dell’impegno editoriale. Quanto mi piacerebbe avere la coscienza di averla potuto emulare in questa eccellenza, un’eccellenza che Marcella, mi confidava, essere il lascito più prezioso di sua mamma Elvira.
Vorrei concludere questo ricordo, soffermandomi su quella che nel corso del tempo è divenuta un’aspirazi
Solitudine nemica, solitudine amica
one preponderante del cuore di Marcella: ha a che fare con il desiderio di vedere le due anime del protestantesimo italiano riconoscersi apprezzarsi ed eventualmente fecondarsi (Marcella parlava di «una profonda radice nell’amore che porto per queste due testimonianze evangeliche»). All’epoca e nell’esperienza personale di Marcella queste due testimonianze erano la Chiesa Valdese e le Assemblee dei Fratelli; ma dal modo come le descrive possiamo ben estenderle ad altre realtà.
Questa aspirazione l’aveva anche fatto molto soffrire; ragion per cui, forse, ella l’ha affidata a una sorta di sogno/visione con la quale conclude, nel 2001, la sua Passeggiata:
«Mi capita a volte di tradurre i miei pensieri e le mie riflessioni in immagini che colloco nel mio affresco. Mi raffiguro il mondo evangelico da me conosciuto come diviso in due grandi spazi, entrambi belli, sia a vedersi sia per il valore del loro contenuto. In entrambi Dio ha posto il sigillo della sua perfezione, ma in entrambi gli esseri umani l’hanno elaborata
In uno degli spazi vedo un cielo di un azzurro puro e in questo azzurra vastità danzano piccole sfere, perfette, di vari colori e varie sfumature. Ognuna però è un mondo a sé; a volte si raggruppano, più spesso navigano s
ole in ben controllata autonomia. Per mantenere la propria perfezione sono assai accorta a non permettere l’inquinamento provocato da elementi esterni. Accade a volte che nella loro danzante navigazione una sfera ne tocchi un’altra di un colore che non si accorda, e da allora ha schizzano via allontanandosi l’una dall’altra.
In un altro spazio anch’esso bellissimo, il paesaggio e vasto e verdeggiante con secolari alberi frondosi e ombrosi, querce, cedri del Libano, palme, lecci. Il terreno è fertile, erba e fiori vi crescono abbondanti; ma è anche disseminato di rocce, che formano nicchie di terra altrettanto fertile, però poco profonda. Come per i chicchi di grano della parabola, fiori e pianticelle vi crescono veloci e veloci muoiono; tutti i semi portati dal vento sono accolti, e seppure di breve vita, attraggono l’attenzione e suscitano interesse. …
Ritorno col pensiero al grande giardino e all’azzurra vastità, riflettendo che non tutti i fiorellini e le pianticelle di queste fertili sacche di terreno si sono dimostrati innocui, così come non sono sempre stati innocui gli scontri delle piccole sfere; alcuni hanno lasciato e lasceranno sconcerto e sofferenza, non solo, ma perplessità e confusione alle persone giovani … così bisognose di punti fermi che non fossero imposti ma potessero essere vagliati e quindi fatti propri o responsabilmente respinti. In fondo è questo il metodo seguito – o che, secondo me, dovrebbe essere seguito dai GBU nel proporre problematiche, e nel presentare temi biblici, ed è per questo che i GBU mi sono piaciuti ed hanno preso un posto così notevole nella mia vita» (pp. 627–628).
Cara Marcella, vorrei dirti che questa visione continua a essere sentita da molti di noi nel GBU come un compito; vogliamo continuare a rassicurarti su questo perché è proprio questo il segreto di un servizio che si è dimostrato fecondo per così tanti anni! Ci batteremo perché, conservando la fedeltà alla Bibbia Parola di Dio, continueremo ad amare, stimolare e farci stimolare interrogare e farci interrogare da tutti coloro che amano la gloria del nostro Signore Gesù Cristo, come tu l’hai amata e come l’hai raffigurata, pensando al giorno in cui, questo sostanzialmente, ti saresti trovata al cospetto del Dio che hai servito.
Permettetemi, fratelli e sorelle, di concludere lasciando la parola direttamente a Marcella, una parola piena di speranza che si chiude anche con la grande passione di Marcella per la musica e per il canto corale; i nostri Innari infatti conservano gelosamente le tracce delle sue belle composizioni che ancora amiamo intonare e cantare durante il culto.
«Poi giungerà il giorno che con un’interpretazione teologica certamente un po’ personale, ricostruisco nella mia immaginazione come il gran giorno di Cristo, quando gli presenterò me stessa insieme con l’ingombrante carico che mi trascino dietro, l’immenso rotolo di paglia delle azioni errate, a cominciare da quella di essermi messa i calzini scompagnati, per passare alle parole inutili indebite, alla mancanza di comprensione, compassione e pazienza, e così via così via. Il fuoco brucerà e farà sparire tutto, ed io potrò essere solo io, lavata e spoglia di ogni bruttura, davanti al mio Signore. E poi? Questo è il gran mistero, pervaso di interrogativi. Mi domando, fra l’altro, se riconoscerò i miei cari, come esprimerò la mia adorazione. Chissà se oltre ai cori nominati nell’Apocalisse, non ve ne saranno altri, e in uno di essi non potrò cantare anch’io?
Grazie Marcella
Giacomo Carlo Di Gaetano
Roma 22 marzo 2016
OPERE composte da Marcella Fanelli per Edizioni GBU
TRADUZIONI di Marcella Fanelli per Edizioni GBU